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A cura di Alberto Salvadori
24.03.2019
02.06.2019
ICA Milano ospita la prima mostra personale in Italia di Hans Josephsohn, uno dei grandi scultori della seconda metà del '900.
La mostra è realizzata in collaborazione con il Kesselhaus Josephsohn di San Gallo (CH).
La mostra rappresenta il primo episodio di un programma di monografie dedicate alla riscoperta di grandi autori del secondo Novecento. Si tratta della prima personale di Hans Josephsohn (Königsberg, 1920 – Zurigo, 2012) realizzata in Italia: benché la vita e la poetica dello scultore siano strettamente legate a questo paese, la sua opera è stata presentata in passato solo in occasione della 55. Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia del 2013.
Il percorso espositivo comprende un considerevole numero di opere e abbraccia le diverse fasi attraversate dalla produzione dell’artista a partire dagli anni ‘50 fino ai primi anni 2000. La preziosa selezione include opere in ottone, creta e cemento appartenenti alle diverse tipologie in cui lo stesso Josephsohn classificò il proprio lavoro: teste, mezze figure, figure in piedi, figure distese e rilievi. In mostra anche una raccolta di disegni preparatori e un docufilm che indaga la ricerca dell’artista e il processo creativo del suo lavoro.
Nato in Prussia Orientale nel 1920 da famiglia ebrea, nel 1937 Hans Josephsohn lascia la Germania e si stabilisce a Firenze con l’intenzione di studiare arte; poco dopo viene però costretto dalle leggi razziali fasciste a spostarsi nuovamente e si trasferisce in Svizzera che diverrà la sua patria adottiva. Il legame con l’Italia rimarrà tuttavia saldo e dopo la guerra Josephsohn vi farà spesso ritorno, soprattutto in quei luoghi tra la bassa Maremma e l’alto Lazio, in cui era avvenuto il suo determinante incontro con l’arte etrusca.
L’opera di Josephsohn è stata definita “plastica esistenziale”, in un’epoca fortemente connotata dalla devastazione fisica e morale causata dalla Seconda guerra mondiale, lo scultore ha infatti elaborato un linguaggio in grado di raccontare la fragile relazione tra l’essere umano e il mondo che lo circonda.
Le sue sculture appaiono come assemblaggi di diversi punti di vista del medesimo soggetto, mappe mentali che, senza alcuno scopo illusionistico, riuniscono differenti visioni della figura umana sedimentate nella memoria. Le parti del corpo non sono rese nel loro ordine di grandezza anatomico, ma vengono spesso enfatizzate per potenziare la carica espressiva del soggetto, spesso al punto tale sa rendere difficile definire la frontalità dell’opera: molte figure invitano lo spettatore a osservarle in un processo circolare, senza che ci sia un punto di osservazione privilegiato.
Hans Josephsohn, grande figura distesa, 1971, installation view, Kesselhaus Josephsohn, San Gallo. Foto: Katalin Deér, Kesselhaus Josephsohn St.Gallen Courtesy Josephsohn Estate, Kesselhaus Josephsohn/Galerie Felix Lehner, Hauser & Wirth
Hans Josephsohn, installation view, Fondazione ICA Milano, 2019; Ph. Dario Lasagni
Hans Josephsohn, installation view, Fondazione ICA Milano, 2019; Ph. Dario Lasagni
Hans Josephsohn, installation view, Fondazione ICA Milano, 2019; Ph. Dario Lasagni
Hans Josephsohn, installation view, Fondazione ICA Milano, 2019; Ph. Dario Lasagni
Hans Josephsohn, installation view, Fondazione ICA Milano, 2019; Ph. Dario Lasagni